Donne e guerra

Ecco il secondo approfondimento del gruppo Parimenti, dedicato ad un tema di grande attualità.

Nonostante la possibilità di entrare a far parte dell’esercito e delle forze armate sia stata data alle donne solamente di recente (in Italia nel 1999) ed ancora oggi, vent’anni dopo, sia vista come una peculiarità piuttosto che come la normalità, esse hanno sempre avuto un ruolo civile fondamentale, partecipando come infermiere volontarie, come impiegate nelle fabbriche o lavoratrici nelle campagne, sia nel primo sia nel secondo conflitto mondiale.
Dando un’occhiata a conflitti più recenti come quello in Afghanistan o quello in Ucraina, protagonista indiscusso dei telegiornali di queste settimane, la riflessione su come le donne siano in molti casi le vittime principali delle guerre viene spontanea. Nonostante le guerre vengano combattute e decise dagli uomini, coloro che in guerra per prime perdono i diritti e subiscono maggiori lutti sono proprio le donne, basti pensare al bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol o alle donne che si davano fuoco in Afghanistan perché dopo averli conosciuti, non potevano più immaginarsi una vita senza diritti; sono questi i casi in cui sono proprio le donne, le vittime principali.
Ci sono moltissimi esempi che ci ricordano che oltre ad essere vittime, le donne sono anche forti e in questi giorni partono insieme ai figli, lasciando indietro i mariti che poi lottano con l’esercito; restano nei bunker e rimangono indietro a curare e aiutare il prossimo; mettono al primo posto il bene dei figli sfruttando i corridoi umanitari per portarli in salvo in altri paesi europei.
Nonostante la società ci imponga una visione delle donne fragili che vanno protette, noi preferiamo ricordare le donne che restano, resistono e sopravvivono, che piangono la morte dei loro figli e dei loro mariti, ma anche quelle che muoiono sotto le macerie, che vengono lapidate e quelle che ce la fanno a scappare.